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Cultura dell'errore
Il contatto quotidiano con aziende di dimensioni diverse e operanti in settori disparati consente di osservare che le performance più brillanti sono appannaggio di organizzazioni che hanno costruito, diffuso e condiviso una profonda cultura dell’errore.
Si tratta di un approccio a vivere una situazione caratterizzata da imprecisione, inesattezza o svista senza tacere, rinunciando alla tendenza a colpevolizzare necessariamente, evitando di impegnare energie nella ricerca della giusta pena.
Il possesso di una reale cultura dell’errore induce ad utilizzare il momento di fallo quale fonte di apprendimento utile per alimentare il processo continuo di miglioramento.
Ciò diventa possibile in quanto si rimuove il rischio che chi vive l’azienda possa rinunciare ad ogni iniziativa, a proporre aggiustamenti o segnalare criticità per timore di ritorsioni, pericolo concreto in assenza di simile visione.
É pleonastico sottolineare che perché questo modo di essere possa portare benefici, si rende imprescindibile fare un distinguo tra le diverse circostanze in cui si palesano difetti di funzionamento.
Esistono errori che vanno assolutamente evitati perché banali e, per questo, non rappresentano motivo di crescita. Sono tali quelli conseguenti alla mancata conoscenza di precise procedure, all’incapacità di sviluppare competenze possedendo le richieste conoscenze o, addirittura, alla superficialità con cui si svolge un lavoro, nonostante le conoscenze acquisite e le competenze sviluppate.
In tali circostanze, non assumerebbe alcun senso l’inclinazione all’analisi di quanto si è verificato finalizzata a imparare.
Una sana cultura dell’errore esplica i suoi vantaggi quando si tratta di esplorare, di innovare, di essere costantemente alla ricerca del nuovo, dal momento che ciò implica di dover sperimentare per perfezionare.
Michele Monteforte