Default, un termine ricorrente nella storia della Germania

L’attuale cronaca, tanto politica quanto quella economica, è pressoché totalmente concentrata sulle vicende della Grecia ovvero sulla incapacità ellenica di onorare gli impegni corrispondenti agli aiuti finanziari ricevuti un pò di tempo fa, quando all’economia fu pompato tanto ossigeno perché si potesse combattere l’asfissia prodotta da una gestione scellerata delle casse pubbliche. Si discute di una possibile uscita della Grecia dall’Unione Monetaria e, di conseguenza, di un ritorno alla dracma, al punto che è stato coniato il termine di Grexit, ma anche di lanciare un nuovo paracadute di soccorsi, al fine di scongiurare la prima ufficialità del fallimento dell’euro. Le posizioni dei vari Stati sono contrastanti e, come sempre, a porre il veto, almeno per il momento, è proprio quella Germania che nel corso della sua storia ha conosciuto più volte, come la Grecia di oggi, il disagio di ritrovarsi sull’orlo del precipizio, ricevendo un ben diverso trattamento rispetto a quello che vuole riservare ai greci. Nel primo dopoguerra con il Trattato di Versailles del 1919 gli Stati vincitori impongono alla Germania sconfitta un debito spaventoso, pari al 280% del Pil tedesco dell’epoca, pertanto i teutonici vivono una congiuntura molto più grave di quella odierna della Grecia. Ecco che entra in gioco la clemenza internazionale il cui effetto è la cancellazione del 60% dell’insostenibile debito che affligge l’economia della Repubblica di Weimar, nonché l’attuazione di moratorie e di operazioni di ingegneria finanziaria. Questo sforzo sembra non bastare e la Germania viene piegata dall’iperinflazione, così aggressiva che il marco vale meno della carta su cui è stampato, ma anche dalla crisi di Wall Street del 1929, per cui l’economia tedesca sprofonda in un nuovo drammatico buio. In occasione della Conferenza di Losanna del 1932 la Germania riceve una seconda dimostrazione di solidarietà dalle potenze vincitrici della Guerra, tra cui Italia, Francia e Gran Bretagna, le quali decidono l’annullamento quasi totale del debito bellico. Quest’atto di carità non impedisce alla Germania di cadere in default, le cui funesti conseguenze costituiranno il preludio all’avvento del partito nazista di Hitler, il quale ben presto provvederà a cancellare arbitrariamente i debiti di guerra. Si giunge al 1953, quando la Germania esce ancora una volta con le ossa rotte dal secondo grande conflitto mondiale e per l’ennesima volta una ventina di Stati, compresi gli Usa, optano per condonare parte dei crediti vantati, ponendo, di fatto, le basi per quello che sarà battezzato come il miracolo economico tedesco. Chi pensa che le ristrutturazioni del debito di cui ha beneficiato la Germania siano finite è sulla cattiva strada. In verità con l’accordo del 1953 si era previsto che i debiti germanici sarebbero stati congelati fino alla riunificazione della Germania, evento ritenuto a suo tempo assolutamente improbabile. Quando nel 1990 si assiste all’insperata ricomposizione, i debiti vengono definitivamente e quasi del tutto depennati per consentire alla Germania di affrontare il lungo e costoso processo di unione. È il 3 ottobre 2010 che si chiude ufficialmente l’ultimo default tedesco, con il versamento dell’ultima rata pari a meno di 70 milioni di euro. L’affacciarsi sullo scenario mondiale di una nuova e pericolosa situazione di difficoltà, quella greca appunto, ha fatto sì che questo avvenimento passasse nel più completo silenzio.

Michele Monteforte

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