Imprenditorialità e Managerialità: due concetti a confronto

Da sempre la letteratura di riferimento in ambito aziendale ha segnato un netto solco tra due concetti di fondamentale importanza, i quali identificano due distinte entità, ciascuna con i propri pregi e forze, ma anche con i propri limiti, dal cui connubio, però, può derivare un’incredibile esplosione di successo nella vita di qualsivoglia organizzazione di uomini e mezzi.

L’imprenditorialità e la managerialità, nell’ambito di un rapporto di complementarietà, rappresentano le imprescindibili premesse perché una struttura aziendale possa progredire con robustezza, consolidando quegli irrinunciabili equilibri la cui assenza pregiudicherebbe ogni prospettiva di sopravvivenza.

La nozione di imprenditorialità rimanda ad una dimensione strategico – innovativa della gestione, dove giocano un ruolo decisivo la creatività, l’intuito e l’efficienza, sottraendo spazio alla pianificazione in nome di un approccio pragmatico e basato sull’empirismo.

La managerialità, per contro, è espressione di un processo strettamente connesso con la realizzazione delle strategie imprenditoriali, concepite rifacendosi alle qualità di cui sopra, pertanto riacquistano rilevanza il possesso delle necessarie competenze di management, il ricorso a criteri razionali nell’assumere decisioni, ma soprattutto la pianificazione di ogni aspetto in cui può suddividersi la gestione aziendale.

Appurato che, almeno sotto il profilo teorico, esiste una duplice modalità di vivere l’esistenza di un’azienda, al punto che si parla di gestione imprenditoriale in contrapposizione ad una gestione manageriale, è interessante domandarsi se è plausibile la coesistenza di queste due attitudini nell’ambito dello stesso soggetto, assunto che, invece, la loro integrazione è auspicabile all’interno di ogni azienda che punti a risultati ragguardevoli, rappresentando non due modelli alternativi, bensì due componenti importanti della gestione d’impresa nel suo insieme.

In relazione a realtà di modeste dimensioni, necessariamente la persona di riferimento deve riuscire a conciliare le qualità di creatività e di razionalità, facendo prevalere le une piuttosto che le altre a seconda del momento. In questa ipotesi si potrebbe parlare di imprenditorialità manageriale, essendo l’imprenditore “costretto” ad unire alla propria vocazione la conoscenza degli strumenti che un’oculata condotta gestionale impone di fare propria.

Qualora il budget disponibile dovesse consentire di focalizzare le proprie energie unicamente sull’intuito, limitandosi a rendere proficue le abilità di management sviluppate da altri, si assiste allo svincolarsi dell’imprenditorialità dalla managerialità, pur nella loro più volte ribadita doverosa simultaneità, per cui nelle grandi imprese si realizza una managerialità imprenditoriale intesa come la capacità di confluire skills diverse verso il conseguimento di business giudicati profittevoli.

Sia che si discuta di imprenditorialità manageriale che di managerialità imprenditoriale lo scopo ultimo è sempre di trarre vantaggio dai punti di forza propri dell’essere imprenditori e dell’essere manager insieme.

Se in ambito aziendale, magari obbligati dalla scarsità di risorse, sono riscontrabili insieme nella medesima persona le diverse qualità che descrivono i due stati analizzati, nel contesto scientifico si nega che ciò possa accadere.

L’Università Bocconi in partnership con l’Università Vita San Raffaele ha realizzato un programma di ricerca finanziato dalla Fondazione Cariplo e finalizzato a scoprire i meccanismi che regolano i processi decisionali aziendali.

Siffatto programma ha avuto una durata quadriennale ed ha coinvolto studenti, manager e imprenditori, articolandosi in numerose ricerche e ricorrendo anche a tecniche di neuroimaging.

Ebbene, secondo quanto emerge da questo lavoro esplorativo, pare che il nostro cervello non ci permetta di essere contestualmente imprenditori e manager, in quanto queste due personalità sono determinate da due sistemi neurali assolutamente distinti.

La ricerca esclude che necessariamente l’imprenditore sia più innovatore del manager, ma a fare la differenza dovrebbero essere proprio i circuiti neuronali impegnati: l’imprenditore sembra che coinvolga le aree cerebrali nel loro complesso ossia i lobi frontali sia di destra che di sinistra, laddove il manager usa solo quelli di sinistra.

Ciò implicherebbe che gli imprenditori si mostrano capaci di utilizzare le funzioni esecutive a tutti i livelli, dal razionale e cognitivo a quello emotivo a quello di pensiero di alto profilo, mentre i manager sarebbero più orientati verso il pensiero logico – razionale e di pianificazione.  

Naturalmente gli esiti del descritto progetto di studio non per forza raccontano una verità assoluta sulla discriminazione tra la capacità di essere imprenditore e quella di manager, limitandosi a delineare le caratteristiche della popolazione investigata.

La realtà presenta molteplici sfaccettature, qualcuna delle quali, magari, ci insegna che poi la separazione tra i due modi di essere non è proprio decisa e ciò perché i fattori che entrano in gioco sono numerosi, per cui l’esperienza diversificata oppure la predisposizione personale potrebbero modellare i processi neuronali in modo da portare un bravo manager a diventare un imprenditore affermato.

 

 

 Michele Monteforte                       

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