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Economia di Guerra

Si sta materializzando, a causa delle misure restrittive varate dal Governo per fronteggiare la diffusione del contagio del coronavirus, quella che da più parti è definita economia di guerra, proprio a sottolineare il pesante stato di stress a cui in genere è sottoposto l’intero sistema durante una fase di belligeranza.

Blocco delle attività definite non essenziali, obbligo alle persone di restare a casa, salvo comprovate motivazioni di allontanamento per lavoro, acquisti indispensabili ed urgenze di salute, rallentamenti nella logistica, rappresentano circostanze per effetto delle quali si prospetta un’emergenza economica, di rilevanza secondaria soltanto a confronto con quella sanitaria, che in quanto a dimensioni rischia di provocare ripercussioni molto più gravi di quelle che caratterizzarono la crisi provocata dai mutui subprime del 2008.  

All’orizzonte si intravede un massiccio ricorso alla cassa integrazione, con conseguente elevato costo per lo Stato, crescita esponenziale della disoccupazione, un progressivo disagio di liquidità per le aziende, troppo o forse tutto nello stesso momento.

Uno scenario, questo, in cui il passo dalla recessione alla depressione è davvero breve.

Al fine di scongiurare siffatta prospettiva apocalittica o quanto meno nel tentativo di neutralizzarne le ricadute è auspicabile uno straordinario spiegamento di forze, sotto il profilo politico economico e monetario, da parte di chi ci governa, chiamato ad utilizzare qualsiasi strumento utile a sostenere famiglie, imprese e, quindi, l’economia nel suo insieme.

Le agevolazioni in forma di rinvio degli obblighi di versamento di imposte e contributi, di riconoscimento di crediti di imposta, di sussidi vari, per quanto apprezzabili, non bastano, assolutamente.

Con vari settori ormai in ginocchio, dal turismo alla ristorazione, alle compagnie aeree, al retail è doveroso intervenire anche e soprattutto in ambito monetario, con illimitate iniezioni di liquidità, quello che tecnicamente è chiamato Quantitative Easing, senza badare a lacci e lacciuoli.

Assicurarsi che nuove e fresche risorse giungano alle famiglie, per rilanciare i consumi, e alle imprese, perché siano in grado di ripartire con le proprie attività, creando, così, i presupposti per una pronta ripresa.

Una simile aggressività nel fronteggiare l’imprevedibile situazione che si sta vivendo in questo inizio 2020 non può che partire dalla precisa presa di coscienza che si è giunti all’anno zero, una sorta di anno sabatico in cui ci si dovrà astenere dall’inefficace rispetto di rigorosi tecnicismi soprattutto di matrice europea, dall’assolvimento di adempimenti puramente formali che, specie in ambito fiscale, sarebbero finalizzati a combattere un’evasione che, in un’economia al palo, non avrebbe grandi opportunità di concretizzarsi, dal mantenere procedure burocratiche generalmente da seguire, da un punto di vista amministrativo, allorquando si voglia perseguire un sogno imprenditoriale.

Del resto, in guerra ogni “arma” è consentita per combattere il nemico, in questo caso chiamato crisi.

Michele Monteforte

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