Rispondi al commento

Marketing e Psicologia: un connubio indissolubile

Cosa c’entra il marketing con la psicologia? C’entra talmente tanto che si può giungere a dire che il marketing è psicologia.

Proviamo a spiegarlo.

È opportuno partire da una premessa forse pleonastica ossia che il marketing non è una scienza, secondo i rigorosi canoni accademici, bensì una disciplina che, sulla base di dati raccolti e relative informazioni sviluppate, consente a chi se ne occupa di orientare le proprie scelte così da incontrare gli orientamenti di coloro che rappresentano il proprio target.

La necessità di indagare le motivazioni che muovono le azioni delle persone ha spinto gli operatori di marketing a un sempre maggiore ricorso a quanto suggerito dagli studi neuro-scientifici e da quelli sul neuro-marketing, facendo altresì tesoro degli insegnamenti provenienti dalle teorie motivazionali. Come non citare in proposito la scala gerarchica dei bisogni di Maslow.

Lungi da chi scrive sostenere che chi si occupa di marketing possa sostituirsi ad uno psicologo, ma farne propri alcuni fondamentali principi gli consentirà di capire come le persone rispondono a stimoli sensoriali, quali sentimenti muovono le loro scelte e come le indirizzano, sulla base di cosa esse condividono certi contenuti anziché altri. Ciò, in sostanza, vuol dire studiare il comportamento di acquisto del consumatore e definire il proprio posizionamento allo scopo di orientarlo verso ciò che si offre.

Scegliere determinati colori per il proprio marchio, disporre secondo uno studiato ordine i prodotti sullo scaffale del supermercato, formulare un messaggio pubblicitario facendo un uso sapiente di determinate parole sono esempi che dimostrano l’applicazione deliberata dei principi di psicologia al marketing, applicazione ripetuta al punto da portare ad un’intima integrazione fra le due discipline, divenuta sempre più stretta come provato dallo sviluppo di studi e teorie varie, a cominciare dalla teoria psico-sociale, passando per la teoria dell’informazione, fino ad arrivare alla teoria della persuasione.

Corre l’obbligo far notare che quanto innanzi argomentato presenta e conserva una sua validità teorico-pratica, che, però, non riveste un carattere universale, in quanto, a parere di chi scrive, viene a mancare quando si è al cospetto di un’innovazione.

Per rendere più chiaro questo concetto, si riportano due aneddoti.

Henry Ford, fondatore dell’omonima azienda operante nel settore delle auto, era solito raccontare che se avesse chiesto ai suoi clienti cosa desideravano, loro avrebbero risposto un cavallo più veloce, non un’auto.

I clienti Apple non avrebbero mai chiesto un i-pod, un i-phone o un i-pad. Eppure sono stati un enorme successo. Solo un illuminato come Steve Jobs poteva immaginarli.

Questo per dire che difficilmente il mercato è in grado di suggerire l’innovazione, altrimenti questa non sarebbe tale se già percepita, pertanto il corrispondente concepimento difficilmente potrà essere generato attraverso un’attenta strategia di marketing definita prendendo spunto da una profonda analisi comportamentale, laddove il fine dell’azione di marketing dovrà essere quello di favorirne la diffusione sul mercato.

    

Michele Monteforte                      

Rispondi

  • Indirizzi web o e-mail vengono trasformati in link automaticamente
  • Elementi HTML permessi: <a> <em> <strong> <cite> <code> <ul> <ol> <li> <dl> <dt> <dd>

Ulteriori informazioni sulle opzioni di formattazione

Powered by Fastcom Group SRL