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La centralità delle competenze

Molto spesso, troppo, entra in gioco quello che in psicologia è chiamato effetto Dunning-Kruger, dal nome dei due psicologi che per la prima volta, verso la fine degli anni ’90, ne hanno parlato quale conseguenza di una distorsione cognitiva.

Si tratta, in breve, dell’attitudine che porta il non esperto o competente in una specifica materia a considerarsi più competente di quanto lo sia lui stesso o, addirittura, chi veramente conosce quell’argomento, finendo, ad esempio, per sminuire il valore del suo lavoro.

Chi è colpito da simile distorsione tende a sopravvalutarsi e giudicarsi capace di compiere un determinato lavoro magari meglio della persona esperta che lo sta svolgendo.

È dato riscontrare siffatto comportamento diffusamente nella vita comune, ma non sono poche le manifestazioni anche in quella professionale ed, in particolare, in ambito aziendale tra soggetti dediti a funzioni diverse o anche nei confronti dei fornitori.

È consueto osservare che è semplice esser preda dell’effetto Dunning-Kruger allorquando ci si trova al cospetto di chi è in grado di ultimare un’attività in tempi brevi, provocando un’immediata banalizzazione di quanto fatto, sebbene, magari, si tratti di un lavoro che potrebbe risultare complesso ai più.

In effetti, a determinare questa limitata e fuorviante percezione del reale pregio che può rivestire il prodotto dell’opera altrui agisce una grave superficialità culturale che sfocia nell’incapacità di considerare tale risultato come naturale conseguenza di un continuo apprendimento, costruito attraverso una instancabile abnegazione in ciò che si fa, un continuo ripetere tentativi al fine di evitare errori, una illimitata passione che conduce dritti verso un relativo perfezionamento del proprio know-how.        

In sintesi, si pecca nella riflessione sul possesso di competenze di cui si è sprovvisti e che sono cruciali nell’ottimo svolgimento di un dato lavoro, ignorando in modo scriteriato le quali si giunge colpevolmente a trascurare i meriti di chi ha investito su di sé e la propria formazione, sminuendo i traguardi raggiunti.

L’effetto Dunning-Kruger può funzionare anche in senso inverso e ciò succede quando chi realmente padroneggia una determinata materia conferisce al proprio sapere un significato minore di quello effettivo e ciò è un diretta conseguenza dell’approfondita conoscenza di cui si avvale, per cui, consapevole di quanto sia complicato il relativo processo di apprendimento, tende a considerarsi inadeguato perché stima come poco rilevanti le informazioni di cui dispone nonché l’esperienza maturata.

Secondo gli studi di Dunning-Kruger, la distorsione cognitiva di cui è affetto l’incompetente e che lo induce a giudicarsi esperto è causata da un giudizio errato su se stesso, mentre quella che colpisce lo specialista che, però, non si considera tale è generata da una cattiva valutazione degli altri, da lui stimati come preparati quando, nei fatti, non lo sono.

In entrambe le forme di manifestazione dell’effetto Dunning-Kruger, il travisamento che ne deriva relativamente all’importanza di un’opera compiuta è da imputare ad un processo di valutazione che si svolge secondo criteri semplicistici oggetto del quale sono gli altri, in un caso, e il proprio background, nell’altro, perdendo di vista la creazione di valore che il ricorso alle abilità acquisite può garantire.

Si potrebbero neutralizzare gli effetti di questi due schemi mentali alterati facilmente convincendosi che sempre la semplicità nel compiere un lavoro è la manifestazione dell’essere competente, nel senso che l’esperto è colui che, perché il suo lavoro risulti utile, fruibile e puntuale, è in grado di proporre soluzioni vissute come agevoli, nonostante la relativa laboriosità.        

 

Michele Monteforte

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