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Collaborare per creare valore

La complessità che chi si occupa di management è chiamato a gestire quotidianamente può essere tale da indurci alla convinzione che, magari, può risultare impossibile o poco proficuo provare ad affrontarla facendo ricorso unicamente alle proprie forze, rinunciando all’opportunità che può derivare dal ricercare un partner con cui condividere la propria mission o anche la realizzazione di un singolo progetto.

In effetti, deve essere la consapevolezza che ogni azienda deve maturare sull’impossibilità di sviluppare al proprio interno e, dunque, di padroneggiare efficacemente risorse, capacità e competenze utili in vista del conseguimento di un importante vantaggio competitivo a suggerire di valutare attentamente i vantaggi che un’oculata strategia di collaborazione potrebbe garantire e ciò specie in un contesto ambientale particolarmente dinamico.

Il ricorso ad una strategia di partnership può essere anche una risposta allo sviluppo tecnologico, dal momento che la criticità delle nuove tecnologie impone di ricercare alleanze con i soggetti che presiedono il sapere tecnologico.

Le ricadute che si avrebbero a seguito dell’implementazione di una siffatta strategia sono da considerare in termini di adeguate sinergie di cui si potrebbe beneficiare così da ottimizzare i processi di sviluppo di prodotti innovativi, ridisegnare il funzionamento dell’intera supply chain, ridurre le inefficienze, con ovvie ripercussioni favorevoli sul piano economico grazie alle economie di scopo che si potrebbero realizzare.

Il principale ostacolo all’attuazione di una effettiva cooperazione tra due organizzazioni è, spesso, di carattere culturale, benché non manchino barriere di diversa natura quali tempi lunghi, notevoli energie manageriali da profondere, diversità di vedute, per cui sono messi seriamente a rischio i ragguardevoli risultati a cui si tenderebbe.

Perché si riesca, si impone un cambiamento radicale di paradigma, passando da un approccio negoziale ad uno basato sulla condivisione, sull’allineamento delle prospettive, sulla comunicazione e, non per ultima, sulla fiducia.

La letteratura aziendale offre numerosi esempi di partnership condotta con enorme successo per i soggetti coinvolti.

È il caso, per citarne uno, di Amplifon che, nei primi anni del ventunesimo secolo, avvia un’alleanza con Siemens allo scopo di agevolare lo sviluppo di apparecchi acustici avanzati, sfruttando il know-how tecnico di Siemens, a cui Amplifon, concentrata su attività di marketing e per nulla impegnata sulla progettazione e produzione, forniva le irrinunciabili informazioni riguardanti le tendenze del mercato di riferimento.

Le esperienze studiate in cui la collaborazione si è rivelata vincente hanno mostrato un elemento in comune consistente nell’adozione di un modello organizzativo in cui le parti in gioco hanno creato un team interfunzionale, definendo puntualmente ruoli, mansioni e responsabilità, cui è stato affidato il conseguimento degli obiettivi a cui la cooperazione avrebbe dovuto portare, che non sempre sono determinati in termini di riduzione dei costi, ma gli sperati impatti possono aversi anche come miglioramento dei ricavi, della marginalità, del time to market.

Ciò vuol dire, in sostanza, che per accrescere le probabilità di trionfo è auspicabile la creazione di una chiara governance di programma capace di gestire strutture e processi formalizzati, di adottare efficaci metodi di revisione degli avanzamenti di progetto e, perché no, di prevedere stimolanti incentivi individuali a favore dei manager coinvolti.

Solo in questo modo, si ritiene, si stabiliscono i presupposti perché si raggiungano i traguardi prefissati, garantendone il consolidamento nel medio e lungo termine, ricordando che le collaborazioni che funzionano sono quelle in cui 1+1=3. Questo vuol dire creare valore.   

 

Michele Monteforte  

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