Rispondi al commento

I compitini per la Germania

L’ingresso nell’Unione Monetaria ha significato per l’Italia e non solo la rinuncia alla propria sovranità, appunto, monetaria e, per certi versi, non solo a quella.

Sin dagli albori dell’Eurozona si è imposta una sorta di egemonia politica esercitata dalla Germania, forte della propria robustezza economica.

Da sempre il cancelliere tedesco, oggi la signora Merkel, si è arrogato il diritto – potere di richiamare all’ordine ora questo premier ora quell’altro di qualsivoglia Stato membro perché si riallineasse rispetto ai rigidi parametri fissati 20 anni orsono con il Trattato di Maastricht.

Questa posizione di autorevolezza germanica, tollerata oltre ogni limite, sta provocando reazioni legittime, sia pure tardive, dettate, oltre che da un ritorno di orgoglio patriottico, dalla consapevolezza che il rigore imposto dai paletti previsti si pone in contrasto con la ripresa di un’economia che soffre di una grave depressione da più di un lustro ormai, ma soprattutto dalla presa di coscienza che la Germania ha abusato della sua situazione economica caratterizzata, come si diceva, da un andamento che va in controtendenza rispetto al deprimente trend generale.

Proprio questo è il punto.

L’Italia, nella persona del suo Primo Ministro, e la Francia, in quella del Ministro delle Finanze, rivendicando l’opportunità e l’esigenza di assecondare i dettami europei a favore di riforme capaci di restituire una maggiore competitività alle rispettive economie, hanno di fatto replicato quell’impostazione che la Germania, in tutto questo tempo, si è voluta dare fatta di scelte funzionali unicamente al proprio successo economico, mettendo a dura prova gli equilibri degli altri Paesi dell’Unione.

Pur vivendo una fase di stagnazione interna, la Germania continua ad andare forte per quel che concerne l’export, ma volendo addentrarsi in un’analisi più profonda si scopre che queste performance sono favorite da un’inflazione tedesca nettamente inferiore a confronto con quella registrata in ciascuno degli altri Paesi membri.

È stato possibile mantenere bassi standard di inflazione, quale fattore chiave in vista dell’affermazione sui mercati internazionali, attraverso una politica di svalutazione del cambio reale, nel senso che è stata attuata una strategia di bassi aumenti salariali reali, con l’evidente effetto di mantenere convenienti prezzi delle esportazioni al punto da superare persino la Cina con un surplus di oltre 200 miliardi di euro su base annua.

Ecco che la Merkel invita i Paesi periferici dell’Eurozona ad essere scolari diligenti e ad osservare quanto pattuito a livello di Unione, portando a termine i compitini attraverso il rispetto del diktat dell’austerity che, in tempi di crisi, può rivelarsi fatale, in quanto il recupero di competitività sarebbe possibile solo creando meno inflazione della Germania, il che oggi significa, per Paesi come l’Italia, andare in deflazione, la quale rappresenta il nemico numero uno della crescita.

Le riforme da più parti invocate in vista di una necessaria ripresa economica contribuiranno certamente ad invertire la sfavorevole tendenza, ma si rischierà comunque il fallimento se non sarà proprio la Germania a concludere il suo compitino di alzare il tasso di inflazione, consentendo agli altri Paesi di riacquistare la famigerata competitività e, di conseguenza, di crescere.

In altri termini, è imprescindibile superare gli squilibri macroeconomici che si sono stabiliti a favore della Germania e una strada possibile è proprio quella che gli altri Paesi europei possano avere un tasso di inflazione magari inferiore a quello tedesco ma certamente non negativo, così da favorire uno sviluppo costante.

Per giungere a ciò, è sufficiente che in Germania i salari reali tornino a salire, come non è successo da un po’ di tempo, in modo da stimolare la domanda interna e aumentare le importazioni, creando maggiore spazio in ambito internazionale, in cui potrebbero inserirsi i Paesi cugini, agevolando così il riequilibrio dello sbilanciamento sull’export.

In conclusione, prima di aspettarsi o pretendere che lo siano gli altri, bisognerebbe che fossimo innanzitutto noi stessi a presentarci come studenti modello per poter essere da esempio e laddove manchi questa volontà una soluzione potrebbe essere di prevedere sanzioni a carico, non solo di quei Paesi che sforano per esempio il rapporto deficit/Pil, ma altresì di quelli che presentano squilibri positivi per le eccessive esportazioni, costringendo gli altri Stati dell’Unione a fronteggiare lunghi periodi di depressione.

              

Michele Monteforte                       

Rispondi

  • Indirizzi web o e-mail vengono trasformati in link automaticamente
  • Elementi HTML permessi: <a> <em> <strong> <cite> <code> <ul> <ol> <li> <dl> <dt> <dd>

Ulteriori informazioni sulle opzioni di formattazione

Powered by Fastcom Group SRL