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Private Equity: soluzione o tecnica predatoria?

La crisi di gestione può rappresentare una fase della vita aziendale che presenta dinamiche particolari, le quali possono, in genere succede, portare a stravolgimenti negli assetti manageriali se non, addirittura, in quelli relativi alla proprietà.

E' plausibile che il processo di turnaround, nel corso del quale si impone l'adozione di manovre rigorose, venga affidato ad un management diverso rispetto a quello in carica quando la crisi è sorta e si è sviluppata.

E' facilmente intuibile che le difficoltà economico-finanziarie possono essere tali che l'azienda che ne soffre possa diventare facile preda di portatori di capitali, capaci di rilevarne la proprietà, facendo ricorso ad attività di private equity.

In verità, questi investitori potrebbero impegare non solo capitali propri, ma altresì ingenti risorse prese a prestito, realizzando quella che in gergo tecnico si chiama leveraged buyout, operazione che, appunto, implica l'utilizzo di importanti quantità di debito.

Non solo soggetti terzi possono farsi carico delle sorti aziendali, anche lo stesso management potrebbe subentrare ai soci detentori delle quote sociali, mettendo in pratica un'operazione di management buyout o management buyin o entrambe, nell'ipotesi in cui la flessione sia da imputare a cause esogene e la proprietà non possiede più la forza, finanziaria e non solo, necessaria per invertire la tendenza.

La letteratura aziendale presenta anche casi in cui siano i dipendenti ad assumere il controllo dell'intera organizzazione. In questo caso si parla di workers buyout.  

Le operazioni sopra descritte, rientranti nella tipologia cosiddetta di venture capital, riguardano realtà gia avviate, che pur presentando flussi di cassa negativi, sono contraddistinte da grosse potenzialità di crescita.

Tuttavia, gli investimenti di cui si è detto possono confluire anche verso aziende in fase di start up e, quindi, prive di fatturato, alle quali, chi interviene, denominato angel investor, si affianca mettendo in gioco fondi e specializzazioni utili a condurre la newco su un sentiero di crescita duratura.

La conclusione a cui si può arrivare è che si tratti di venture capitalist piuttosto che di angel investor e prescindendo dalla tecnica adottata, si è pur sempre in presenza di operazioni di investimento, avviate con l'obiettivo di recuperare quanto rischiato con un congruo margine di utile, reso possibile dall'accresciuto valore che l'azienda che ne è oggetto presenta rispetto alla partenza.

Ecco, dunque, che il private equity può rivelarsi un valido rimedio. 

 

Michele Monteforte

  

 

 

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